Dobbiamo fermare i veri estremisti
Articolo
di Domenico Finiguerra, uno dei fondatori di “Stop
al Consumo di Territorio” e “Salviamo il Paesaggio”, ex sindaco di Cassinetta
di Lugagnano (primo Comune d’Italia a zero consumo di suolo)
Quante volte, partecipando ad un dibattito sul territorio, su una grande
opera, su un piano regolatore, vi è capitato di essere etichettati come dei
radicali ambientalisti, degli estremisti, dei sovversivi annidati nei comitati?
A me è capitato moltissime volte.
La cosa mi ha
sempre dato anche un certo godimento. Aumentava la mia autostima. Essere
accusato di essere un sovversivo dai dirigenti del partito del calcestruzzo (sia da quelli di matrice neoliberista che da quelli di matrice
progressista) era motivo di grande orgoglio. Cose da raccontare ai nipotini. «Ma
smettila di opporti alle autostrade e al Tav! Vuoi farci tornare all’età della
pietra? Vuoi muoverti con i cavalli! Estremista e ambientalista del c…!», «Si,
adesso siete anche contro l’expo 2015! Ma vergognatevi. Siete dei talebani del
verde! Volete farci perdere occasioni di sviluppo, di crescita, di competitività!
Irresponsabili», «Ma che problemi vi da questo outlet? Ci sistemano anche tutta
la viabilità e ci fanno 7 rotonde. Ah certo! Voi volete andare nei campi a
caccia di farfalle, oppure volete tornare a coltivare la terra! Bravo! Oltre ad
essere ambientalista sei pure terrone!»(questa me la sono beccata da parte dei
dirigenti del partito del cemento della corrente leghista).
Ma poi, con il passare del tempo, questa etichetta ha cominciato a
starmi stretta e con mia grande sorpresa mi sono reso conto che in realtà, io e
direi anche tutti gli ambientalisti, siamo dei veri ed autentici moderati. Nel
senso che siamo impegnati nel moderare il peso dell’uomo sulla terra.
Vorremmo
mantenere, difendere o ripristinare i delicati equilibri esistenti tra il genere
umano, gli altri esseri viventi e la terra. Terra intesa sia come pianeta che
come terra che abbiamo sotto i piedi.
Di converso,
quelli che ad ogni assemblea pubblica, consiglio comunale o talkshow
televisivo, non perdono occasione per sbeffeggiarci, disegnarci su un albero intenti ad abbracciare un panda oppure additarci
all’opinione pubblica come i nemici della patria, hanno perduto la natura e lo
smalto di moderati. Approvando e finanziando grandi opere, speculazioni
edilizie, saccheggi vari del territorio, distruggendo biodiversità e suoli
agricoli, con lo scorrere dei cronoprogrammi dei loro cantieri promessi alla
lavagna di Porta a Porta, i rispettabili politici e lobbisti in doppiopetto
hanno subito una metamorfosi che li ha trasformati in veri estremisti
sovversivi, quasi sempre polemici e pronti ad alzare i toni della discussione.
Se necessario anche usando il manganello…
Esagero? Mi
pare proprio di no. Anzi possiamo affermare con pochi dati certi, che i veri
nemici del benessere del paese e dei cittadini che lo abitano siano proprio
loro. Loro che in un quarantennio hanno compromesso il futuro delle presenti e
delle future generazioni.
Vediamo perché.
Che cosa è fondamentale per un popolo, per le persone che vivono su un
determinato territorio? Che cosa è indispensabile alla sopravvivenza dei
cittadini? Il cibo. E che cosa è accaduto al nostro paese? È accaduto che
dal 1971 al 2010 ha perso 5 milioni di ettari di Superficie Agricola Utilizzata
(SAU).
Questo dato è dovuto a due fenomeni: l’abbandono delle terre e la
cementificazione.
Per la
risoluzione del primo, la politica è completamente assente e non riesce, anzi
non prova neanche, ad arginare la perdita di terreno del settore primario
rispetto al mattone. Coltivare la terra rende sempre meno in
termini di reddito ed è molto faticoso, nonostante la meccanizzazione. Una
crisi che richiederebbe anche un cambio di modello di produzione, avviando una
riconversione che emancipi il settore stesso dalla monocoltura intensiva
aprendo nuove prospettive. Non solo in termini di produzione ma anche di
occasioni per riprodurre comunità e socialità.
Per il
secondo fenomeno, la cementificazione, la politica dominante, non solo non ha
arginato il fenomeno irreversibile della impermeabilizzazione dei suoli, ma lo
ha facilitato e promosso: approvando normative che hanno
spinto i comuni a fare cassa con la monetizzazione del territorio, progettando
e realizzando opere infrastrutturali che hanno accompagnato l’espansione
urbanistica (lo sprawl), favorendo la rendita urbana ai danni della tutela del
territorio, del paesaggio e dell’agricoltura, coltivando il consenso facile con
gli oneri di urbanizzazione che arrivano grazie alle colate di cemento.
Per rendere bene l’idea di quello che è successo nel nostro paese ci
possono aiutare due grafici tratti da un rapporto sul consumo di suolo agricolo
a cura del Ministero delle Politiche Agricole.
Nel primo
grafico si può vedere che a fronte di un aumento della
popolazione, la superficie agricola utilizzata è diminuita (del 28% in 40 anni)
e la forbice tende ad allargarsi:
Nel secondo
grafico è chiaro ed evidente quanto l’Italia stia progressivamente perdendo
sovranità alimentare. Riso, pomodori e frutta fresca sono le
uniche colture che produciamo in misura superiore al nostro fabbisogno. Per
tutte le altre siamo ben al di sotto dell’80% di copertura. Per alcune sotto il
40%. La media del nostro grado di approvvigionamento alimentare è tra l’80 e
l’85% ed è in costante diminuzione. Solo 20 anni fa era pari al 92%.
A questi dati, tenuti nascosti sapientemente all’opinione pubblica (ne avete
mai sentito parlare al TG1, al TG3, a Ballarò, a Otto e mezzo?) se ne aggiunge
un altro ancor più preoccupante: l’Italia è il terzo paese in Europa ed il
quinto nel mondo nella classifica del deficit di suolo.
In sostanza
ci mancano 49 milioni di ettari per coprire il nostro intero fabbisogno che è
pari a 61 milioni di ettari. Siamo destinati ad essere sempre più dipendenti
dalla produzione di terreni di altri paesi.
Il buon senso del buon padre o madre di famiglia dovrebbe portarci a
fermare per decreto ed immediatamente la cementificazione ed il consumo di
suolo, a bonificare le aree compromesse dal cemento e dai veleni, ad
incentivare seriamente il ritorno alla coltivazione delle terre abbandonate. Ma
purtroppo il buon senso e l’interesse collettivo sono spesso in contraddizione
con gli interessi dei pochi e soliti noti…
Ma oltre che
della perduta sovranità alimentare, gli estremisti dirigenti del partito del
cemento si sono resi protagonisti dell’alterazione e della sovversione di
delicati equilibri ecosistemici. Alterazione condotta
grazie alle loro azioni irriducibili, condotte talvolta nottetempo: mitici i
consigli comunali alle 3 di notte per approvare varianti ai piani regolatori
(nei quindici anni dal 1995 al 2009, i comuni italiani hanno rilasciato
complessivamente permessi di costruire per 3,8 miliardi di mc). Le
scelte di questi estremisti sono concausa certificata del dissesto
idrogeologico e dello sprofondamento quotidiano del paese nel fango. Ma essi si ostinano quotidianamente a tenere la posizione, si oppongono in
maniera davvero ideologica e radicale alle decine di proposte veramente
moderate che presentiamo tutti i giorni.
Noi
(ambientalisti, comitati, cittadini) chiediamo di investire le scarse risorse
nella messa in sicurezza del territorio; loro ci rispondono arroganti che sono
prioritari i buchi nelle montagne per portare merci a 300 km all’ora da Torino
a Lione.
Noi proponiamo
di incentivare il recupero degli immobili esistenti, rendendoli più efficienti
dal punto di vista energetico, di puntare sul risanamento/ricostruzione dei
centri storici abbandonati (a partire da L’Aquila, dove recentemente si sono
recati 22 sindaci moderati della Val di Susa per chiedere di impiegare in
quella città le risorse destinate al Tav); loro si impuntano con le newtown in
aperta campagna, le cittadelle dello sport, della moda, del design.
Noi proponiamo
di restaurare il paesaggio, di elaborare un grande piano nazionale di piccole
opere, che aiuterebbe l’edilizia ad uscire dalla crisi (dall’abbattimento delle
barriere architettoniche alla realizzazione di fognature, marciapiedi e piste
ciclabili); loro ci rispondono polemicamente e strumentalmente con nuovi piani
casa, nuovi grattacieli, nuovi grandi eventi e relative nuove grandi autostrade
e nuovi grandi padiglioni.
Insomma, noi
chiediamo di andare più piano; loro accelerano con sprezzo del pericolo,
spingendo il vapore a tutta velocità verso le estreme conseguenze, verso il
baratro. Degli irresponsabili.
Risultato di queste scelte scellerate portate avanti con tanta veemenza
bipartisan? Secondo l’ISPRA (Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca
Ambientale) ogni giorno vengono impermeabilizzati 100 ettari di terreni
naturali. 10 mq al secondo. Quindi cosa facciamo?
Dobbiamo fermarli. Non c’è alternativa. Perché sono dei veri sovversivi.
I veri estremisti di questo paese.
di Domenico Finiguerra
da Eddyburg.it
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