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martedì 17 maggio 2011

Una profezia

Che nesso c'è tra il decadimento dell'istruzione e la riduzione inavvertita degli spazi di democrazia?

Risponde Umberto Galimberti

"Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato sotto il fascismo. L'altro è il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. E allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private
Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico" Piero Calamandrei Il lettore Nino Gernone (ninorochan@yahoo.it) che ringrazio, mi ha fatto pervenire questo brano di Piero Calamandrei tratto dal suo Discorso pronunciato al 3 Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma l'11 febbraio 1950. 
Sono passati sessant'anni e questo discorso sembra una profezia che rende evidente il fatto che mai è scongiurato il pericolo di passare da un "totalitarismo aperto e confessato" a un "totalitarismo subdolo, indiretto e torbido". Continuiamo a ritenerci un paese democratico probabilmente perché siamo liberi di votare ma, come ci ricorda Giovanni Sartori, le elezioni sono solo uno dei tanti modi possibili di eleggere i capi, la democrazia è ben altro. È innanzitutto scuola e istruzione, perché quando il popolo diventa gregge, ce lo ricorda Nietzsche, "altro non desidera che l'animale capo". Uno dei modi per desensibilizzare un popolo al bisogno di democrazia è impoverire la scuola, sottraendole i mezzi finanziari necessari per compiere quel lavoro fondamentale che è l'educazione dei giovani. Ridurre il numero dei maestri e dei professori, aumentare il numero degli studenti nelle classi significa semplicemente rendere impossibile qualsiasi processo di istruzione e di educazione, e trasformare la scuola in un semplice parcheggio di ragazzi a tutt'altro interessati, che si fatica persino a tener disciplinati. Io non penso che ciò avvenga solo per ragioni finanziarie. In fondo un popolo incolto, o educato solo dalla televisione, è più facile da governare. 

 Gina

Tratto da
Repubblica.it 

mercoledì 11 maggio 2011

Un'immagine vale di più







- Questi qua il 13 aprile hanno votato l'impunità per il loro capo facendoci credere di averlo fatto per il bene di noi cittadini.  
- noi ci becchiamo un'ipoteca sulla casa per una multa non pagata.
- Questi qua hanno la pensione garantita di 3.100 euro al mese lavorando 5 anni. 
- noi lavoreremo fino ai 65 anni per avere una pensione forse pari a metà dello stipendio.
 
- Questi qua beneficiano gratis di aereo, treno, autostrada, cinema, ristoranti, ecc. 
- noi paghiamo anche la carta igienica dei figli a scuola.
 
- Questi qua hanno la casa in affitto in centro a Roma a 500 € al mese. 
- noi abbiamo un mutuo fino alla terza età.

E' arrivato il momento di dire BASTA!!! Noi non vogliamo più queste persone che ci rappresentino!

NESSUN parlamentare si è mai alzato in piedi dicendo "mi riduco lo stipendio",
NESSUNO che abbia detto "i finanziamenti pubblici per il mio partito quest'anno li voglio destinare alla ricerca" (ricordando che nel 1993 il 90,3% degli italiani avevano votato l'abolizione dei finanziamenti in un referendum, ma loro lo hanno calpestato).

Fuori i soldi dalla politica!!! Ognuno di noi nel nostro piccolo PUO' fare qualcosa, dobbiamo solo ritrovare la volontà di crederci!

E' molto importante per me, per te, per i tuoi amici, per i tuoi figli e per i tuoi nipoti, presentarsi al referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011. E' l'unico strumento, oltre alle elezioni, che ci fa sentire parte attiva di questo Stato.

martedì 10 maggio 2011

Dov'è finito il contratto con gli italiani?

09.05.2011

Sono passati esattamente dieci anni da quando Silvio Berlusconi, in piena campagna elettorale, firmò nel salotto televisivo di "Porta a porta" il "contratto con gli italiani". Erano cinque promesse, delle quali almeno quattro da mantenere nell'arco di cinque anni. Ora, di anni ne sono passati il doppio. E sempre con Berlusconi a capo del governo, se si eccettuano i due anni scarsi dell'esecutivo Prodi. Che ne è stato di quel “contratto” che voleva rappresentare un impegno vincolante preso con tutti gli italiani?


Porta a Porta dell'8 maggio 2001
Vediamolo punto per punto.

RIFORMA FISCALE


La promessa: Abbattimento della pressione fiscale:
● con l'esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui;
● con la riduzione al 23 per cento per i redditi fino a 200 milioni di lire annui;
● con la riduzione al 33 per cento per i redditi sopra i 200 milioni di lire annui;
● con l'abolizione della tassa di successione e della tassa sulle donazioni.

Le tasse sulle successioni e sulle donazioni sono state abolite nel 2001. Successivamente il governo Prodi ha reintrodotto l’imposta, ma solo per grandi patrimoni (tassa di successione).

LAVORO

La promessa: Dimezzamento dell'attuale tasso di disoccupazione, con la creazione di almeno 1 milione e mezzo di posti di lavoro.

L'occupazione è aumentata di poco più di un milione dal terzo trimestre del 2001 a marzo 2011 e quasi interamente per ragioni demografiche (grazie soprattutto all’immigrazione: ci sono oggi in Italia quasi 800mila stranieri occupati in più che nel 2005, primo anno in cui questo dato è stato reso disponibile dall’Istat). Il tasso di occupazione è, infatti, passato dal 55,9 al 56,8 per cento.
Anche l’obiettivo del dimezzamento del tasso di disoccupazione non è stato raggiunto. Secondo i dati Istat nell’ultimo trimestre del 2000 il tasso di disoccupazione era il 9,6 per cento, sarebbe quindi dovuto scendere al 4,8 per cento per mantenere la promessa. Cinque anni dopo, nell’ultimo trimestre del 2005 era sceso al 7,5 per cento. Dieci anni dopo, nell’ultimo trimestre 2010, la disoccupazione è all’8,5 per cento.

PENSIONI

La promessa: Innalzamento delle pensioni minime ad almeno 1 milione al mese (cifra espressa nelle vecchie lire, ovvero circa 520 euro).

Nel 2006 si può stimare, con l’indagine dello stesso anno della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie, che vi fossero ancora 4,4 milioni di persone con pensione inferiore ai 550 euro.
Oggi, a dieci anni di distanza dal “contratto con gli italiani”, la pensione minima è pari a 467,43 euro (905.070,69 lire) a meno di appartenere a un ristretto gruppo di pensionati che soddisfino requisiti di reddito (non superiore ai 7.850,31 euro se singolo e, se coniugato, il reddito cumulato con quello del coniuge non deve essere superiore ai 13.275,21 euro) e vecchiaia (a partire dai 70 anni).

CRIMINALITÀ

La promessa: L'introduzione del poliziotto, carabiniere o vigile di quartiere nelle città col risultato di una forte riduzione del numero dei reati rispetto agli attuali 3 milioni.

Nel 2001, in base ai conti dell'Istat, il numero dei reati non era di 3 milioni, ma di 2.163.826. In totale dal 2001 al 2006 i reati sono aumentati del 28,0 per cento. Nel 2006 si sono registrati 2.771.490 reati. Nel 2011, 2.629.831 reati, con un incremento del 21,5 per cento rispetto a dieci anni fa.
  
Anno
Numero reati
 ∆ 2001
2009
2.629.831
+21,54%
2005
2.731.129
+26,22%
2001
2.163.826

Fonte: Istat
 
GRANDI OPERE

La promessa: Apertura dei cantieri per almeno il 40 per cento degli investimenti previsti dal "Piano decennale per le grandi opere" considerate di emergenza e comprendente strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche e opere idro-geologiche per la difesa dalle alluvioni.

Verificare il rispetto di questa clausola del contratto è difficile. Subito dopo le elezioni del 2001 la maggioranza varò la “Legge obiettivo” che in parte modificava e (soprattutto) integrava il “Piano decennale”. Nella Legge obiettivo erano inizialmente comprese 196 opere (di cui 126 relative ai trasporti). In seguito l’elenco fu portato a 348 per complessivi 358 miliardi di spesa (189 opere di trasporto per 342 miliardi di spesa, il 95 per cento).


 


Quindi, dopo dieci e non cinque anni, le opere realizzate, cantierate o in gara (che possono essere ancora molto lontane dall’essere cantierate) sarebbero il 32,2 per cento del totale. Sulla base di queste fonti, nel 2006, alla scadenza del contratto, il traguardo del 40 per cento era perciò assai lontano.
Volendo fare affidamento su dati ufficiali, bisogna restringere lo sguardo alle sole opere approvate dal Cipe tra il 2002 e il 2010 - ma che comprendono anche opere estranee al settore dei trasporti. Facendo le somme si ricava che le opere realizzate o almeno cantierate rappresentano una spesa inferiore al 23 per cento del totale approvato. Il numero, invece, è più elevato perché sono stati realizzati o cantierati progetti molti piccoli o micro lotti (come quelli dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e di altre opere stradali). 

[Purtroppo, per motivi di spazio, ho dovuto "tagliare" alcune tabelle, ma se volete trovare l'intero articolo cliccate su www.lavoce.info ]